Curiosità: Allenarsi da principiante in Thailandia con veri campioni di Muay Thai
Prendere un aereo per la Thailandia per praticare la ‘vera’ Muay Thai in una palestra locale, in mezzo a campioni ed esperti di questo sport, cominciando da zero (o quasi). Impresa impossibile, o quantomeno ardua? Per chi scrive, e c’è passato sopra, no…a patto di armarsi di buona volontà, spirito di sacrificio, e oculatezza nella scelta della struttura appropriata. In questo articolo, vorrei spiegarvi come si svolgeva la mia giornata di allenamento e confidarvi le mie impressioni, ed emozioni, da neofita.
Nella palestra dove mi trovavo, tutto aveva inizio alle 5.45 del mattino, quando suonava la sveglia per il primo allenamento dei due della giornata (il secondo era fissato alle 3 del pomeriggio). Una rapida colazione per mettere
da parte un po’ di energie e pronti, via! 30 minuti di corsa con degli atleti professionisti, lungo una strada che costeggiava la bucolica spiaggia del posto, e le prime luci mattutine ad illuminarci. Difficile tenere i primi giorni il ritmo di ragazzi e ragazze che si allenano intensamente 4 ore al giorno ma, poco a poco, sono riuscito a colmare questo gap! Dopo questa “iniziatoria” sgambata e aver bevuto una bevanda salina per la reidratazione, cominciava l’allenamento effettivo di Muay Thai.
Esisteva un programma di esercizi comune per tutti gli atleti e studenti, composto da serie al sacco, vuoto davanti allo specchio ed esercizi a corpo libero, che doveva essere seguito man mano che si veniva chiamati per una sessione di pao o di sparring. Vale la pena specificare per i meno pratici di Muay Thai che con sessione di pao si intendono alcuni minuti (in genere 3 o 4) di allenamento svolti davanti ad un trainer che richiede di portare un pugno, un calcio, una gomitata, un qualche genere di attacco. Presso la mia struttura, il 7 Muay Thai Gym di Rayong, tale sessione rappresentava il fulcro dell’allenamento, poiché si prestava molta attenzione all’affinamento della tecnica. I trainer tailandesi tendevano a correggere i propri studenti in continuazione, a volte fino all’esasperazione. Per un principiante come me risultava a volte frustrante, perché sentivo di non riuscire a fare i progressi che avrei voluto, ma in realtà questa fissazione nel richiedere costantemente il massimo nell’esecuzione dell’attacco è la giusta strada per apportare un effettivo miglioramento tecnico dell’atleta. In altri camp sparsi per il Paese asiatico, ho notato che i trainers tendevano sempre a congratularsi con i farang (i non thai) dopo la sessione di pao, proferendo un “good good” o “vely good”. In questa struttura invece non si avevano certi atteggiamenti: se si sbagliava un’esecuzione si veniva sistematicamente ripresi e, se si dimostrava scarso impegno, addirittura sgridati.
Una volta che tutti avevano svolto la sessione di pao con i trainer, si passava allo sparring. Anche in questo caso si cercava di fare partecipare tutti, dai più esperti fino ai beginner, logicamente con le dovute precauzioni. Difficilmente gli scambi durante gli sparring raggiungevano punte di notevole violenza, perché anche in questo caso al 7 Muay Thai si prediligeva un lavoro tecnico. Si dava la possibilità a gente come me, alle prime armi, di confrontarsi sul ring con trainer tailandesi dalle mille battaglie alle spalle, o promettenti atleti farang di scena nei migliori stadi di Muay Thai. La sensazione che si ha salendo sul ring con questi professionisti è molto bella: ricordo che sentivo sempre un leggero brivido che mi correva lungo la schiena appena varcato le corde del ring. Stavo per picchiarmi con veri guerrieri! La tensione scemava al suono del gong, seppellita dall’adrenalina che saliva per lo scontro. Se è vero che è inevitabile durante uno sparring ricevere qualche colpo (o finire a terra!) non ricordo di essermi fatto mai male sul serio, sebbene i pugili che fronteggiavo avessero in pieno le qualità per farlo. Il tutto era ben moderato per consentire di aumentare la mia confidenza sul quadrato e imparare a bloccare e rispondere agli attacchi dell’avversario. Da evidenziare, comunque, che i principianti non sempre venivano indirizzati verso lo sparring; venivano invece a volte affidati ai buoni trainer tailandesi per 15-20 minuti, durante i quali venivano spiegate alcune tecniche basi di Muay Thai, come schivate e risposte o combinazioni con pugni, calci e gomitate.
Si concludeva con la sessione di clinch, ovvero di corpo a corpo, forse la parte che ho trovato più complicata. Da quel che ho inteso, in Europa si dà spesso poca importanza a questa parte del combattimento nella Muay Thai. In Thailandia è invece assai rilevante, e al 7 Muay Thai non si si faceva eccezione: una tecnica di atterramento portata a buon fine fa guadagnare punti per la vittoria, una ginocchiata ben messa nel corpo a corpo può portare al KO. La base sta appunto nel controllare l’avversario, una mano alla nuca e una sul braccio, e colpirlo al corpo con appunto ginocchiate. Le tecniche di atterramento sono svariate, e l’impressione che ho avuto è che per ben maneggiarle sia necessaria una discreta esperienza. Ciò che meglio ricorderò di queste sessioni è…il collo bloccato nei primi giorni di pratica!
Le due ore di intenso allenamento si concludevano come da rito con alcune serie di addominali, dove i trainer tailandesi davano il meglio della propria ‘severità’, colpendo l’addome degli studenti con i pao senza fare troppi sconti. Infondo, hard work is hard work! E dopo tutta questa fatica, quale miglior modo per rilassarsi con un bagno nella piscina del 7 Muay Thai?
In definitiva, come già accennato in principio, allenarsi in una palestra di Muay Thai in Thailandia non è certo una impresa da film. Ci vuole certo un minimo di preparazione, predisposizione al sacrificio, accuratezza nella scelta della location e un piccolo pizzico di coraggio. Se questi ingredienti ci sono tutti, allora, non esitate a prenotare il vostro volo per Bangkok!